Il contesto culturale milanese

Dopo la fine della Guerra, Milano, da sempre proiettata verso l’accoglienza dei fermenti artistici, ritrovò nuova linfa vitale grazie alle correnti alternative che proposero concetti innovativi diversi ed artisti vivaci e propositivi.

con Rino Crivelli (a sinistra) e Gianni Conservo (a destra)

Nascono qui innumerevoli movimenti artistici. Il quartiere di Brera è il luogo degli incontri tra artisti e della vivacità culturale. Luca Crippa abiterà in via Brera 28, a pochi metri dall’Accademia e praticamente sopra al mitico Bar Jamaica, ritrovo simbolo della cultura artistica meneghina.

Sono gli anni del manifesto del realismo (1946), del Gruppo Forma (1947), dei manifesti dello Spazialismo e dell’Astrattismo classico (1950), del Gruppo Origine (1951), del M.A.C., il movimento d’arte concreta (1951), il Gruppo degli Otto (1952), il Movimento Arte Nucleare (1952), gli esperimenti di sintesi artistica di Gillo Dorfles (1955).

Gli artisti che gravitano intorno alle più di 50 gallerie d’arte milanesi e ai 5-6 spazi espositivi comunali, tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio anni Ottanta, originano un nuovo polo d’attrazione culturale italiano che influenzerà in maniera determinante l’orizzonte artistico non solo nazionale, ma anche internazionale.

Nel panorama culturale che si sta ricostruendo in Italia dopo anni d’isolamento dovuti alla Guerra, i cui fili nascosti del reciproco scambio tra artisti internazionali – in realtà – non si ruppero mai, Milano diventa il luogo in cui si riaccende, vitale, la cultura artistica. 

Artisti, associazioni culturali, centri di ricerca e soprattutto le gallerie d’arte sono i luoghi deputati alla generazione di nuovi movimenti e correnti artistiche.

La Mostra Internazionale d’Arte Astratta e Concreta di Palazzo Reale del 1947, organizzata da Max Huber e Lanfranco Bombelli Tiravanti, può essere idealmente il punto di partenza cronologico per proporre, e finalmente decretare, un cambiamento in senso astratto-geometrico. 

Contestualmente alle importanti iniziative delle rinate Biennale di Venezia e Quadriennale di Roma nel 1948 dopo l’interruzione bellica, insieme alle esposizioni veneziane di Peggy Guggenheim delle avanguardie europee, nasceva a Milano il Movimento Arte Concreta, accendendo il dibattito tra realisti e astrattisti. 

Uno dei primi esiti “reazionari” fu l’installazione di Lucio Fontana Ambiente Spaziale a luce nera del 1949, esposta alla Galleria del Naviglio, che decreta la conquista dello spazio tridimensionale, superando la bidimensionalità della pittura, e indirizzandosi verso eccitanti nuove sperimentazioni di carattere materico, gestuale, segnico.  

Nell’ottobre del 1950, dopo l’esposizione alla Biennale nel padiglione statunitense dei capiscuola dell’Espressionismo astratto: Pollock, de Kooning e Gorky, a Milano venne inaugurata alla Galleria del Naviglio una mostra su Pollock, primo notevole passo per un’apertura di nuovi orizzonti comunicativi verso il mondo e di riflesso sul mercato artistico italiano, in primis meneghino.

con Valentino Vago, Luiso Sturle, Fernando Picenni, Mario Racini, Rino Crivelli

con Domenico Purificato (al centro)

Nello stesso ottobre Enrico Baj Sergio Dangelo, Gianni Dova, Gianni Bertini sanciscono coralmente la nascita del Movimento Nucleare.

E nel febbraio del 1952, una mostra allestita alla Galleria del Naviglio di Carlo Cardazzo, diviene il centro nevralgico della rivoluzione artistica spazialista, con gli artisti Roberto Crippa, Gianni Dova, Beniamino Joppolo, Cesare Peverelli, Mario Deluigi, ma soprattutto l’ideatore del movimento Lucio Fontana.

L’apertura milanese alle nuove tendenze contemporanee straniere culminò nel 1953 con la grande mostra di Picasso, curata da Franco Russoli, allestita a Palazzo Reale a Milano.

L’anno successivo, nel 1954, il critico d’arte Arturo Schwarz inaugura la libreria-galleria, dove ospita numerose mostre di artisti surrealisti, culminanti nella grande mostra internazionale del 1961.

Roberto Crippa e Luca Crippa

con Giulio Dotto, Carlo Franza, Ibrahim Kodra

Sempre Schwarz nel 1958 si tenne l’eccezionale mostra organizzata in collaborazione col MOMA di New York, The New American Painting/La Nuova Pittura Americana, dove vennero invitati i maggiori artisti della Action Painting. Tra i tanti:  Franz Kline, Willem de Kooning, Jackson Pollock, Mark Rothko.

Il Premio Lissone dell’autunno del 1959 fu importante vetrina dell’arte informale, presentando un centinaio di artisti europei e i giapponesi del Gruppo Gutaj, e nel dicembre, Vincenzo Agnetti, Enrico Castellani e Piero Manzoni fondano la Galleria Azimut, insieme alla rivista “Azimuth” diretta da Agostino Bonalumi, Castellani e lo stesso Manzoni. 

Il nuovo decennio si apre con la mostra Miriorama 1 – Mostri del Gruppo T, inaugurata alla Galleria Pater nel gennaio 1960, dove espongono Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gabriele De Vecchi, Grazia Varisco, inaugurando così la nuova stagione dell’Arte Cinetica e Programmata, abbandonando l’Informale e la sua istintività. 

Lo sperimentalismo artistico, durante tutti gli anni Sessanta, corre parallelo ai mutamenti di gusto e di stile di vita, in un moltiplicarsi di tendenze e proposte incarnate in diversi gruppi, interessati ad indagare nuovi linguaggi e nuove tecniche.

L’Arte Cinetica, ad esempio, è fortemente in contrasto con gli immobilismi delle precedenti correnti artistiche, proiettandosi verso nuove modalità di astrazione e interpretazione, in una esplorazione di materiali innovativi e diversi, come ad esempio la plastica.

Nel 1965, l’esperienza dell’arte cinetica italiana troverà la sua espressione più internazionale nel movimento di Dialettica delle Tendenze, fondato da Domenico Cara a Venezia, insieme agli artisti Sara Campesan, Marilla Battilana, Franco Costalonga, Guido Baldessari, Sergio Bigolin, Danilo Dordit, Jacques Engel, Oddino Guarneri, Marino e Romano Perusini.

Astrattismo e Informale sono relegati ad un secondo piano, ormai superati per lasciar posto alla recuperata figurazione realista e surrealista, dove la cultura pop americana ed inglese, trova spazio in chiave critica, sbeffeggiando l’era dei consumi e richiamando a quel disfacimento dell’uomo denunciato dalla corrente letteraria della “gioventù bruciata”, la Beat Generation.

I nuovi testimoni sono gli artisti new dada che utilizzano robes trouvées e objets rêvés, il materiale di rifiuto delle città consumistiche, che ricomposto e rigenerato ha nuovo senso e vita artistica.

Luca Crippa, è emotivamente coinvolto da queste manifestazioni new dada che si manifestano a Milano, poiché si innestano nel suo primo vissuto artistico, fatto di giocosità surrealiste che si concretizza nella realizzazione dei suoi oggetti polimaterici.

Milano diviene sempre più l’ambito e la vetrina privilegiati per questa proliferazione.

Il 1963 e 1964, sono gli anni delle esposizioni di artisti Pop, il cui linguaggio mass-mediatico diretto, colorato, esplicito, della quotidianità popolare, della ripetizione seriale ed ossessiva dell’icona feticcio del prodotto che induce all’acquisto – si pensi ai barattoli Campbell o ai fusti Brillo di Warhol – esprime con sarcasmo la genuflessione dell’uomo comune alle leggi del consumo. 

A cavallo tra 1965 e 1966 Emilio Picco curò al Cenobio una tra le più importanti collettive di scultura mai realizzate a Milano, dal titolo Il Piccolo Argento.

Tra gli artisti presenti: Kengiro Azuma, Floriano Bodini, Carmelo Cappello, Alik Cavaliere, Edmondo Cirillo, Stevan Luketic’, Arnaldo Pomodoro, Amilcare Rambelli, Lino Tinè, Valeriano Trubbiani, Veronica Van Eyck, Dieter Wender, il ventenne Kan Yasuda.

Gli anni milanesi 1967 e 1968, sono tra i più ricchi di iniziative espositive, anche durante quelle variazioni sociali, politiche e culturali, che riscattano la figura dell’artista, preso ad esempio di rappresentante sociale più flessibile agli impulsi dialettici dell’opinione pubblica.

Per comprendere la portata della offerta culturale proposta, si consideri che la sola amministrazione comunale di Milano, tra 1975 e 1979, inaugurò ben 104 mostre, tra retrospettive e antologiche di grandi artisti.

Un’antipatia sicura: tutto quello che chiamano il realismo, che non ho mai capito bene che cosa sia. Simpatie, invece, ne ho tantissime: Klee, Kandinsky, che hanno inventato tutto; e poi Victor Pasmore, Ben Nicholson. Ma il grande pittore è Braque. Ma mi piacciono in tanti.

L’importante è che uno abbia l’invenzione formale. Se ti accorgi che l’invenzione c’è, poi puoi metterci dentro tutto quello che vuoi

(Luca Crippa)

Luca Crippa

le mostre milanesi