Dada & Surreale
Durante la formazione scolastica, l’interesse per l’arte dadaista e il surrealismo, si esprime nella esecuzione di collages fotografici e opere polimateriche.

Giscau (1946)

Marie Laurecin in visita a Benozzo Gozzoli (1938)
Un libretto di figurine di artisti surrealisti europei, ritrovato da un rigattiere a Milano, è molto probabilmente la causa scatenante della sua curiosità verso il mondo dell’arte onirica e simbolica incarnata dal surrealismo.
In questo periodo in Italia, l’osteggiato ed ignorato filone artistico dadaista-surreale trova nella solitaria, ma prolifica attività dei collage e delle sculture di Luca Crippa, realizzati tra 1938 e 1948, una originalissima figura di riferimento.
Crippa, nella sua adolescenziale interpretazione del mondo onirico dei suoi sedici anni vissuti in un’atmosfera di provincia, è indubbiamente un unicum precoce, grazie ad una percezione sensibilissima del fantastico, che trova espressione nel riutilizzo sarcastico dei robe trouvé e dell’objét réve.
L’interpretazione ironica, scanzonata e leggera, fusa con la meraviglia del sogno, è in Luca un nuovo sguardo, un sottile giudizio sui malesseri contemporanei.
Gli esiti, tutti del 1938, punto di partenza nodale della prima attività di Crippa, saranno l’assemblage Cucchiaini feriti, L’Opinione del 1946, la serie dei collages: Formica regina, Inseparabili al separè, L’attesa, Marie Laurecin in visita a Benozzo Gozzoli, Menù, Uccello pipa.
Il dadaista Max Ernst è indiscutibilmente il maestro di riferimento suoi dei collages, come dimostra l’Usignolo cinese del 1920, in cui si ritrovano gli elementi ispirativi complementari.
Le carte incollate di Crippa emulano i giochi d’infanzia nei quali si decideva di costruire un mondo nuovo, ovviamente fantastico.
Il taglia e incolla, eseguito con la consapevolezza dell’esito finale, gli permette di realizzare personaggi, situazioni e paesaggi densi di scherzosa, pungente ed ingenua semplicità, trasformandosi e arricchendosi nel tempo sempre di nuovi e più ricercati elementi che amplificano a dismisura i piccoli mondi bidimensionali.
Tra 1939 al 1946, realizza i collages Primo palpito, Miss Joy, La bambola che noi preferiamo, la Sfollata, Le gambe di Lilì Marlene, l’Ultimo addio, Il passo dell’oca, Giscau
Si affiancano le sculture: Il Silenzio, lo Zio Arturo, la Pescatrice, il Ritratto di famiglia, i Fiori di sasso, il Generale, l’Arcivescovo e la Città.
L’esito plastico risultante è sempre scherzoso.

Le bombe che noi preferiamo (1977)
Il suo estro creativo è una dirompente eruzione di immagini, un moto perpetuo di emissioni grafiche registrate da un sismografo stregato.
Crippa, fin dall’ adolescenza, ama giocare con le immagini, improvvisando le sue alchimie grafiche senza riserve intellettualistiche.
La sua forza è il segno, una dotazione istintuale che gli consente di procedere sui fogli con sconcertante abilità, figurando tra i maggiori grafici italiani d’ oggi.
(Miklos N. Varga, Il Fante di Quadri, 1972)
Le sue osservazioni si dispiegano in una ordinata ed estrosa operazione lirica, collocabile tra ironia e consuetudine mentale, pronta all’invenzione e forse anche al grottesco.
(Domenico Cara, Giustizia Nuova, Bari – 15 settembre 1973)

Inseparabili al separè (1938)

Il passo dell’oca (1944)
Nei collages Cicale, la Casa dei Ventagli, Conchiglia e sfere verdi, I debiti di Messieur Piotr, L’appartamento della Naide, la Città sommersa, la Creazione degli angeli, emerge per un costrutto narrativo più articolato e ricercato, costituito da innumerevoli e minuscoli particolari, indizi da ricercare, un racconto sullo sfondo di una trama quasi barocca.
Conchiglie, testine d’angelo, abiti settecenteschi senza corpi e volti incorniciati senza corpo in debito con il mondo, lasciano spazio alle fantasie fatte di soffitti, cartine geografiche, finestre su città ideali, tra spazi sospesi e percepiti da una germogliante ilarità esecutiva.
Senza volerlo sto rimarcando le straordinarie capacità disegnative di Luca Crippa, la sua sconfinata fantasia visionaria, le sue eccezionali possibilità di vedere oltre gli oggetti, la sua grande attitudine a collocare ciò che vede in segreti ambiti di surrealtà che la sua mano disvela delicatamente senza stupori e tentennamenti, naturalmente.
E si può scoprire anche, infine, l’affascinante disponibilità di Luca Crippa a percorrere gli avventurosi e liberanti sentieri della fantasia; ciò che costituisce di per sé una semplice ed autentica operazione di poesia.
(Enzo Di Martino, Mostra antologica dell’opera grafica 1947-1980, Palazzo del Capitano del Popolo, Reggio Emilia, 18-20 gennaio 1981)